Fregona, in provincia di Treviso, si estende ai piedi del Monte Pizzoc e della foresta del Cansiglio. Quest’antica foresta – regno dei cimbri - nel Medio-Evo era considerata “bosco regio” e sottoposta ad un’apposita regolamentazione.
Per i veneziani invece le sue faggete rappresentarono soprattutto una fonte inesauribile di legname per i loro cantieri navali. Nel 1871 venne dichiarata Foresta Demaniale Inalienabile. Oggi è il regno incontrastato di faggi, abeti bianchi e rossi, muschi, mirtilli, genziane, rododendri e fior di stecco.
Secondo alcuni il nome Fregona deriverebbe da “frigonia tellus” cioè “terra della Friga” uno dei corsi d’acqua più importanti della zona. Secondo altri deriverebbe invece dal latino “frigus” cioè freddo.
Il suo territorio fu abitato fin dall’età del Ferro come dimostrano alcuni ritrovamenti archeologici. Le invasioni barbariche purtroppo danneggiarono quanto di buono era stato fatto dai romani, ma la prosperità tornò grazie alla nobile famiglia dei Da Camino.
Nel Quattrocento come tutte le cittadine venete anche Fregona passò sotto i veneziani. E a partire dal 1509 Venezia la esentò dal pagamento dei tributi per l’aiuto ricevuto durante la liberazione di Serravalle.
Fregona è conosciuta in tutto il mondo per il suo vino: il Torchiato. La sua zona di produzione fa parte della DOC “Colli Conegliano” e dal 2011 questo vino ha ottenuto la DOCG (denominazione d’origine controllata e garantita).
Il nome Torchiato deriva dalla “tecnica” con cui è ottenuto: la “torchiatura”. Le uve vengono raccolte nel mese di Ottobre, quando non sono ancora troppo mature e lasciate appassire su graticci oppure appese alle travi dei solai. I grappoli per tutto l’inverno vengono periodicamente controllati in modo da eliminare gli acini marci per non compromettere il gusto del vino.
Gli acini appassiti vengono quindi separati dai raspi e torchiati. Il mosto così ottenuto viene lasciato decantare per eliminare le impurità e quindi viene messo a fermentare in botticelle di rovere e acacia. Il 2 Agosto – giorno considerato nella simbologia pagana “la festa degli uomini” – il nuovo vino viene assaggiato prima di fare ancora un passaggio in botte fino alla Pasqua successiva quando sarà imbottigliato.
Per questa ragione viene chiamato anche “Vin Santo”. In passato era chiamato anche “vin dele paiolane” (ossia vino delle puerpere) in quanto veniva regalato alle puerpere che lo bevevano come un ricostituente dopo il parto.
Si ottiene dalle uve autoctone: Verdiso, Boschera e Glera, a cui si aggiungono in piccole quantità anche uve non aromatiche. La Glera serve soprattutto per conferirgli le note fruttate e un alto tasso zuccherino. La Boschera - uva dalla buccia spessa – gli conferisce il profumo intenso, mentre l’acidità dell’uva Verdiso serve a dargli corpo.
Le altre uve che possono essere usate - in quantità minime - sono la Perera e l’uva dall’Ocio. Considerato che l’area di produzione di questo vino non è molto estesa e che l’appassimento dell’uva ne abbassa di molto la resa la quantità di Torchiato che si riesce a produrre è molto ridotta e questo lo rende un vino prezioso.
Si presenta di colore giallo dorato con riflessi ambrati, dal profumo di miele, vaniglia e frutta secca e dal sapore equilibrato. È adatto per accompagnare la pasticceria soprattutto quella secca, ma anche i formaggi erborinati.
Altitudine del Comune: 251 m slm (zona: 3)